La storia della pianificazione
territoriale vede purtroppo pochi encomiabili successi, accompagnati da una
lunga lista di insuccessi, le cui conseguenze hanno in varia misura gravato
sulle generazioni successive a quella dei pianificatori. In alcuni casi la
riorganizzazione territoriale è stata identificata con la razionalizzazione
della rete delle infrastrutture, in altre con il decentramento di servizi,
oppure con la collocazione sul territorio di “attrattori forti” capaci di
incidere sulla distribuzione dei flussi sociali, o infine con la combinazione
di queste, ed altre strategie. Tutti questi
approcci condividevano almeno una caratteristica, limitandosi nella sostanza a
considerare soltanto uno dei due protagonisti della realtà ambientale: l’uomo, e dimenticando l’altro, ovvero la
natura.
Oggi fortunatamente siamo
consapevoli che qualsiasi progetto che intenda dare forma alla futura area
metropolitana di Milano non può prescindere: a) dalla centralità del tema del
bene comune, e b) dalla fondamentale componente
di quest’ultimo rappresentata dal cosiddetto “capitale naturale”. Presto detto: ma come fare? A prima vista
sembrerebbe trattarsi di un compito relativamente facile, perché i grandi temi
– o meglio, i principali “cicli” – sono sotto gli occhi di tutti: l’aria,
l’acqua, l’energia ecc. Tuttavia, non appena si inizia a considerare seriamente
ognuno di questi ultimi, esso immediatamente si frantuma in una miriade di
dettagli, varianti, vincoli e problemi particolari; una molteplicità che
rischia di seppellire sin dall’inizio anche i più preparati e volenterosi. E’
chiaramente impossibile uscire da questo impasse
senza una disciplina (modalità di approccio) ed una metodologia (insieme di
tecniche) capaci di organizzare l’ammasso di fatti e questioni iniziali entro
uno schema di classificazioni, relazioni e priorità definite, e suscettibili di
tracciare un percorso operativo praticabile: in termini semplici, una
soluzione.
Un punto di partenza che mi
sembra particolarmente promettente in questa direzione è rappresentato dal concetto di servizio di ecosistema del quale è fatto un
impiego sistematico nel progetto TEEB (si veda in proposito TEEB Manual For Cities: Ecosystems Services
in Urban Management, UNEP).
Un ecosistema è un modo per
descrivere il funzionamento della natura e consiste delle sue componenti
(acqua, aria, piante, animali, micro organismi ecc.) e della loro interazione.
Il corretto funzionamento degli ecosistemi è alla base del nostro benessere e
di quasi tutte le attività economiche, perché ogni risorsa utilizzata
quotidianamente dal genere umano è collegata, direttamente o indirettamente,
alla natura. La futura area
metropolitana dovrebbe pertanto fare assegnamento – almeno in linea di
principio - su un ambiente naturale
“sano”, in grado cioè di fornire regolarmente un insieme di benefici, definiti
appunto come servizi di ecosistema (SDE). Essi si possono classificare nel modo
seguente:
·
servizi di approvvigionamento: sono quelli che
descrivono l’output dell’ecosistema in termini materiali o energetici: acqua,
cibo, materie prime, risorse medicinali;
·
servizi di regolazione: quelli che l’ecosistema
fornisce regolando la qualità dell’aria e del suolo, oppure fornendo un
controllo atto a prevenire calamità quali inondazioni, epidemie ecc.:
regolazione del clima locale e della qualità dell’aria, rimozione dell’anidride
carbonica dall’atmosfera e suo immagazzinamento nei tessuti delle piante,
attenuazione di eventi estremi quali
uragani, tsunami, valanghe ecc., trattamento delle acque di scarico, prevenzione
dell’erosione e protezione della fertilità del suolo, impollinazione, controllo
biologico;
·
servizi di habitat o di supporto: sono quelli che
sostengono quasi tutti gli altri servizi. Gli ecosistemi forniscono spazi
vitali per piante ed animali, ed allo stesso tempo garantiscono la biodiversità
di questi ultimi: habitat per le diverse specie, conservazione della diversità
genetica;
·
servizi culturali: comprendono tutti i benefici
immateriali che otteniamo dal contatto con gli ecosistemi: di carattere
estetico, psichico e perché no? spirituale: occasione di svago e turismo,
contemplazione ecc.
Si noti che il rilievo ora attribuito ai servizi di
ecosistema trascina con sé conseguenze di vasta portata, tra le quali anche una
modifica interessante nella definizione stessa di residente / cittadino
(cittadina), che di fatto deve essere inteso come “azionista” – su base paritaria - del
capitale naturale e dei servizi che questo è in grado di assicurare.
La seconda conseguenza consiste nella transizione da un
atteggiamento per così dire passivo, in virtù del quale l’ambiente costituisce
uno “sfondo” o un “contorno” - ovvero una mera entità residuale, ad un
atteggiamento costruttivo, secondo il quale lo stesso, attraverso i servizi di ecosistema, può contribuire
efficacemente alla soluzione dei problemi che l’Amministrazione dell’area
metropolitana dovrà affrontare. Ciò premesso, come è possibile integrare i servizi di
ecosistema nella pianificazione territoriale? (Nel presente contesto
“integrare” deve essere inteso come “rendere partecipe” alla soluzione di
problemi).
La soluzione proposta nello studio citato consiste in un
percorso a più fasi, che si può così riassumere:
1.
identificazione partecipata (con l’insieme degli
“azionisti”) delle principali “sfide” che l’Amministrazione dell’area
metropolitana dovrà affrontare;
2.
Identificazione degli SDE che possono
contribuire alla soluzione. A volte sono sufficienti alcune domande
“intelligenti”, come ad esempio: esistono all’interno dell’area terreni in
pendenza ricoperti di vegetazione e boschi ragionevolmente “sani”, in grado di
rallentare i flussi dell’acqua piovana? (Basta riflettere per un attimo su
quanto accade in questi giorni in varie regioni d’Italia …);
3.
ricerca di informazioni e scelta dei criteri di
valutazione. Si pensi ad esempio all’annoso, e irrisolto problema delle
esondazioni del Seveso: possiamo affermare di disporre già di tutta
l’informazione necessaria, o, viceversa,
sarebbe opportuna una ulteriore indagine? Quanto ai metodi di
valutazione, essi sono di 3 tipi:
a.
qualitativi: esprimono la rilevanza di un
particolare SDE, oppure consistono in un giudizio sul suo stato e sulle sue
condizioni;
b.
quantitativi: ad esempio attraverso la
misurazione del numero di posti di lavoro che potrebbero essere creati o tutelati
preservando un determinato SDE;
c.
monetari, basati cioè sulla determinazione del
valore monetario di un particolare SDE,
o di quello generato / distrutto da un
aumento / una perdita di efficienza. Qualche esempio:
·
criterio dei prezzi di mercato (efficace
soprattutto per i servizi di approvvigionamento)
·
criterio dell’alternativa di mercato: costi di
sostituzione (lavoro manuale in alternativa al servizio di ecosistema), valore
del danno evitato (spesa risparmiata grazie ad uno specifico SDE), funzione
produttiva (valore aggiunto da un SDE
come input in un processo produttivo). Nell’area metropolitana di Edmonton
(Canada) è stata ad esempio affrontata nel 2009 la questione della
determinazione del valore dei circa 13 milioni di alberi ivi censiti anche allo
scopo di mostrare come l’uso degli stessi potesse rappresentare per l’Amministrazione
una fonte di saving, o risparmio,
significativa;
4.
valutazione degli SDE. Diviene possibile non
appena si disponga delle informazioni e dei metodi di cui sopra;
5.
identificazione, confronto e assegnazione di
priorità alle alternative (opzioni) emergenti attraverso i passi precedenti;
6.
analisi dell’impatto di ciascuna opzione sugli
“azionisti” (residenti / cittadini (e)). L’obiettivo qui è di evitare
l’insorgere di imprevisti effetti collaterali che danneggino un sottoinsieme
della popolazione;
7.
distribuzione “ottimizzata” delle risorse
disponibili. Il termine deve essere qui inteso in senso strettamente tecnico:
l’allocazione finale di risorse dovrebbe risultare essere quella che garantisce
il massimo valore per una particolare “funzione di merito” (ad esempio: il
grado di accessibilità ai servizi essenziali), o che da tale soluzione si
discosta il meno possibile. Questo – ben inteso – nel caso in cui sia
concordemente ritenuto essenziale garantire un livello di accessibilità
uniforme ed adeguato per tutte le categorie di cittadini.
Lo schema
seguente fornisce una idea del modo in cui l’approccio sin qui descritto può
essere applicato alla pianificazione / gestione del territorio:
Nota. Per Biodiversity, o Conservation Banking si intende un processo tendente alla
riduzione nella perdita di biodiversità mediante una accurata misurazione della
stessa. Dal 2008 sono in corso 2 progetti in Australia in aree nelle quali
l’espansione dell’edilizia costituiva un serio pericolo per la biodiversità.
Negli USA il progetto di Mitigation Banking si applica per la protezione delle cosiddette “terre umide”.
Milano 15 novembre 2012 Claudio
Conti